Biopsia Liquida: il nuovo “salto quantico” della Patologia Molecolare Predittiva.

Umberto Malapelle

Dipartimento di Sanità Pubblica, Università degli Studi di Napoli Federico II

La Biopsia Liquida rappresenta uno degli ultimi avanzamenti della Patologia Molecolare Predittiva. (Figura 1) Anche se spesso il termine “Biopsia Liquida” viene associato ad un comune prelievo di sangue, in realtà qualsiasi fluido biologico (dal liquido cefalorachidiano all’urina) può rappresentare una Biopsia Liquida e quindi, essere una fonte poco invasiva e soprattutto dinamica, di acidi nucleici, cellule tumorali circolanti ed altre macromolecole che sono rilasciate sia attraverso meccanismi attivi (comunicazione vescicolare) che passivi (come la necrosi), dalla componente neoplastica e dai tessuti sani di un individuo. Quando si affronta il tema della Biopsia Liquida bisogna avere chiara la distinzione tra pratica clinica e ricerca. Infatti, nonostante i dati entusiasmanti che, ormai, quotidianamente emergono circa l’efficienza dal punto di vista tecnico e l’efficacia clinica di approcci diagnostici basati sull’impiego della Biopsia Liquida, bisogna considerare che le applicazioni in pratica clinica, nell’ambito della Patologia Molecolare Predittiva dei tumori solidi, sono ad appannaggio del tumore del polmone non a piccole cellule (NSCLC), del tumore del colon retto e del tumore della mammella.

In particolare, per il NSCLC è possibile analizzare le mutazioni di EGFR a carico del DNA libero circolante (cfDNA) per i pazienti che non hanno a disposizione un tessuto adeguato per procedere con la caratterizzazione dei biomarcatori predittivi di risposta al trattamento con i farmaci a bersaglio molecolare, sia al basale (prima di iniziare il percorso terapeutico) che a resistenza da una prima linea di trattamento con inibitori di EGFR di prima e seconda generazione per evidenziare l’eventuale presenza di una mutazione p.T790M a carico dell’esone 20 di EGFR, prima di intraprendere il trattamento con inibitori di EGFR di terza generazione. Nello stesso contesto, quello dei pazienti con NSCLC in stadio avanzato, si aspettano con ansia, conferme relative alla possibilità di utilizzo del medesimo approccio anche per la caratterizzazione delle alterazioni a carico degli altri biomarcatori predittivi di risposta al trattamento con farmaci a bersaglio molecolare, come ad esempio le mutazioni a carico di BRAF, quelle a carico di KRAS e le fusioni che coinvolgono ALK, ROS1, RET ed NTRK, così come le mutazioni che causano una maturazione aberrante del trascritto codificante per MET.

Per quanto riguarda il tumore del colon – retto, l’applicazione clinica della Biopsia Liquida si materializza nell’analisi di metilazione di SEPT9, come biomarcatore per lo screening tumorale per i pazienti che non possono essere eletti alla colonscopia. Per quanto riguarda, invece, i pazienti affetti da carcinoma del colon – retto in fase metastatica, nonostante la mole di dati a disposizione, relativa alla caratterizzazione delle alterazioni nei geni RAS e BRAF, sia come marcatori predittivi negativi di risposta al trattamento con gli anticorpi monoclonali diretti contro EGFR, sia come strategia di monitoraggio (attraverso la definizione dell’incremento e del decremento delle frequenze degli alleli mutati), l’applicazione in ambito clinico non si è ancora verificata; probabilmente, uno dei motivi che ne ha limitato l’impiego in pratica clinica è dovuto alla possibilità di ottenere, per i pazienti con carcinoma del colon – retto, fonti di tessuto che non rappresentano un limite quantitativo alla caratterizzazione dei biomarcatori approvati (come KRAS, NRAS, BRAF e la valutazione dell’instabilità microsatellitare o del complesso deputato al Miss Match Rapair).

L’impiego in pratica clinica della Biopsia Liquida nell’ambito delle pazienti affette da tumore della mammella, riguarda la caratterizzazione prognostica, attraverso la valutazione della variazione in termini numerici delle cellule tumorali circolanti. In tale ambito, la caratterizzazione delle cellule tumorali circolanti come marcatori predittivi di risposta ai trattamenti, richiede ancora delle conferme.

Le altre applicazioni della Biopsia Liquida, come quelle che riguardano il monitoraggio della Malattia Minima Residua per i pazienti con patologie neoplastiche in stadio avanzato o, per i pazienti candidabili alla terapia chirurgica, dopo l’eradicazione della neoplasia per identificare il rischio di recidiva, oppure l’early detection di differenti neoplasie, rappresentano ancora degli interessanti ambiti della ricerca clinica traslazionale, che sicuramente non tarderanno a dimostrare il loro valore in pratica clinica, ma che per ora necessitano di conferme sperimentali nell’ambito di studi clinici randomizzati prospettici.

Una delle caratteristiche più affascinanti della Biopsia Liquida risiede sicuramente nella possibilità di ripetere il prelievo e quindi l’analisi più volte nel corso del tempo, dando vita alla possibilità di costruire delle strategie di monitoraggio (ad esempio attraverso la caratterizzazione della variazione delle frequenze alleliche delle singole mutazioni) disegnate per ogni singolo paziente e facilmente integrabili con le strategie di monitoraggio convenzionali, come quelle basate sull’imaging strumentale. Inoltre, l’integrazione delle differenti informazioni recuperabili dall’analisi delle componenti estraibili da una Biopsia Liquida, consentono di incrementare il valore predittivo positivo di tale approccio, anche in ambiti in cui la quantità di macromolecole rilasciate dalla componente neoplastica è molto bassa. A titolo esemplificativo, basta pensare alla possibilità di analizzare sia le mutazioni a carico del DNA (come le variazioni di singoli nucleotidi, le inserzioni e le delezioni o le variazioni del numero di copie di un gene o una pare di esso) e le informazioni che derivano dall’analisi di metilazione dei promotori degli stessi geni o di altre regioni ricche in Guanina e Citosina (CpG island). Procedendo ad un vero e proprio “marge” di queste informazioni si è aperta la strada ad una valutazione bidimensionale (2D) del cfDNA che ha portato la sensibilità della Biopsia Liquida, anche in ambiti complessi come quello dello screening, a raggiungere livelli mai raggiunti in precedenza (superiori al 98%). Inoltre, sulla scia dei dati entusiasmanti ottenuti da questo approccio 2D, non si sono fatti attendere sforzi sperimentali che hanno valutano l’incremento in sensibilità e specificità che si ottiene aggiungendo un altro livello biologico: la caratterizzazione proteica, arrivando a quella che oggi viene definita biologia tri – dimensionale (3D – biology).

La visione integrativa e non sostitutiva della Biopsia Liquida rispetto al tessuto darà grandi risvolti pratici per i pazienti affetti da patologie oncologiche, sia in ambito di prevenzione, che per la definizione dei percorsi terapeutici da impostare per i pazienti in stadio avanzato. Dato lo spaventoso incremento delle piattaforme di sequenziamento genico di nuova generazione e lo sviluppo di saggi dedicati alla caratterizzazione degli acidi nucleici circolanti, sia DNA, che RNA che miRNA, la sfida che ci attende per il prossimo futuro sarà quella che riguarda l’interpretazione, l’amministrazione, l’analisi e la conservazione di un enorme flusso di dati biologici, che anche se tradotti in linguaggio binario, rappresentano la nuova carta di identità dei nostri pazienti, grazie alla quale sarà possibile incrementare la qualità della diagnosi, della stratificazione prognostica e della predizione delle strategie terapeutiche. Questo rende indispensabile l’armonizzazione delle strategie tra differenti istituzioni, la condivisione delle esperienze e la discussione collegiale trasversale dei risultati che si ottengono. Questo nuovo modo di agire potrà aumentare il livello di definizione della Patologia Molecolare Predittiva, sino a portare alla materializzazione della personalizzazione delle diagnosi e dei trattamento per il singolo paziente, uscendo dalla logica del “gruppo” di pazienti accomunati da una caratteristica simile. 

 

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Figura 1. Rappresentazione schematica delle componenti biologiche presenti all’interno di un prelievo di sangue (1 – 2) e delle possibili analisi eseguibili a partire da una Biopsia Liquida. Immagine generata con il supporto del software Biorender (biorender.com).

 

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